Teatro Olimpico Comune di Vicenza

Architettura del Teatro

Il Teatro Olimpico è situato nel settore nord-occidentale del Palazzo del Territorio. All’esterno si presenta come una spoglia e irregolare costruzione posta in fondo all’ampio cortile dell’ex castello, e solo giunti al suo interno se ne possono ammirare il valore e la bellezza.
Palladio cala il suo capolavoro all'interno della scatola muraria precostituita delle antiche prigioni comunali. Pur tenendo fede allo schema geometrico vitruviano, egli traduce la matrice circolare del modello in un impianto ellittico: lo spazio del teatro, assai complesso ma insieme estremamente unitario, è composto da una zona destinata agli spettatori (cavea) semiellittica inscritta in un rettangolo schiacciato, e da un imponente proscenio rettangolare, dai cui ingressi si dipartono a raggiera sette scene lignee prospettiche, raffiguranti le sette vie di Tebe, concepite espressamente in funzione dello spettacolo inaugurale del teatro (l'Edipo tiranno di Sofocle) ma sopravvissute nei secoli, opera dell’architetto vicentino Vincenzo Scamozzi (1548-1616). Si deve allo Scamozzi anche la progettazione, a lato del teatro, dell’Odeo Olimpico, previsto come “ridotto” per audizioni musicali e riunioni, e portato a compimento intorno al 1584.
La cavea lignea, formata da tredici ripidi gradoni, è cinta alla sommità da una loggia corinzia scandita da ventinove intercolumni. Statue sono poste all’interno delle nicchie e sulla balaustra che corona in sommità la loggia, in asse con le sottostanti colonne e semicolonne corinzie. I due spazi angolari dietro la loggia ospitano le scale. L’intero spazio della cavea è coperto da un soffitto piano, su cui è dipinto un finto cielo.
Il monumentale prospetto è scandito in sette campate da due ordini architettonici corinzi e soprastante attico a pilastrini, ed è aperto al centro da un’ampia apertura centinata (“porta regia”), e da due porte laterali più strette (“hospitalia”). Anche nelle versure si aprono piccole porte.
L’ordine inferiore è costituito da colonne libere staccate dalla parete e a essa collegate dai plinti e dalla soprastante trabeazione aggettante; il secondo ordine è leggermente più arretrato e meno sviluppato in altezza. L’intera superficie, oltre che dalla potenza delle membrature architettoniche, è impreziosita dalla plasticità delle nicchie a edicola e dalla ricchezza della decorazione scultorea. La copertura del proscenio consiste in un soffitto ligneo a cassettoni, con specchiatura ottagonale mediana e, verso le estremità, altre due a forma di rettangolo con terminazione semicircolare.
Dalle cinque aperture del proscenio si irradiano le scene che rappresentano le sette vie di Tebe, costituite da finte quinte architettoniche classicheggianti, che un artificio prospettico prolunga ben oltre l’effettiva profondità di 12 metri in modo da accentuarne visivamente la dimensione.
La prima copertura del proscenio fu realizzata tra 1588 e 1600, forse a opera di Giambattista Albanese e Alessandro Maganza. In alcune stampe del Seicento il palcoscenico appariva coperto da un soffitto a cassettoni con riquadri dipinti, mentre sulla cavea e sulle scene centrali era rappresentato un “finto aere”. Dopo altri interventi, nel 1914, su progetto di Marco Dondi Dall’Orologio si realizzava sopra il proscenio l’attuale soffitto a cassettoni, con decorazioni di Umberto Brambilla e dipinti di Ludovico Pogliaghi. Contemporaneamente sul soffitto della cavea veniva dipinto il finto cielo a opera di Ferdinando Bialetti.
Durante la seconda guerra mondiale le scene scamozziane furono smontate, per essere rimontate nel 1948. Dell'originario sistema di illuminazione delle scene restano tutt'oggi i corpi illuminanti, costituiti da ampolle di vetro.
Nel corso dei restauri del 1959-60 venne ricavata sotto la gradinata della cavea una nuova galleria di distribuzione con annessi servizi, e si praticarono alle estremità della base della cavea due aperture di accesso. Ulteriori interventi conservativi sono stati compiuti nell’ultimo decennio del Novecento

Testo liberamente tratto da: AA.VV., La città di Vicenza e le ville del Palladio nel Veneto, Ufficio Unesco del Comune di Vicenza, 2009.

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